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giovedì 4 ottobre 2018

NICK DRAKE, TALENTO CREPUSCOLARE


Nick Drake non fa parte del club dei ventisette, tuttavia potrebbe benissimo farne parte. La sua storia, la sua vita e la sua carriera da musicista, ha molte analogie con quelle dei più celebri membri di questo speciale e noto club, riservato ai musicisti scomparsi, per l'appunto, all'età di ventisette anni, tra i quali vi cito, Jim Morrison, Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse. Perché Nick è un genio, è un talentuoso musicista, è spesso depresso e muore all'età di soli ventisei anni, nel 1974.

Nick è un ragazzo Inglese, è nato nel 1948 in una famiglia economicamente stabile, tantoché frequenterà l'università di Cambridge. Fin da piccolo studia e apprezza tutta la musica, dal rock di Elvis alla musica classica, e probabilmente, come i più grandi artisti di questo mondo, sente suoni nella sua testa che vuole riprodurre. Ama in particolar modo le canzoni di Bob Dylan, il chitarrista d'oltreoceano, che suona quel folk rock che sta iniziando a essere conosciuto in ogni angolo del Pianeta. Anche lui, dunque, si munisce ben presto di chitarra acustica e inizia a suonare. Ecco come nasce, signore e signori, il mito di Nick Drake.

Nick, però, è anche bravo nello sport. Anzi, eccelle. Potrebbe sfondare, ma questo non è scritto nel suo destino. Bensì, sceglie di esibirsi con una folk band per tutto il resto del periodo del college, si fa un nome. In quel periodo, il più fortunato della sua vita, probabilmente, scopre le droghe. Dapprima la cannabis, poi gli allucinogeni fino ad arrivare all'LSD. Nel 1969 pubblica il suo primo album "Five Leaves Left", ma non riesce a riscontrare il successo che brama. Allora Nick parte; gira mezza Inghilterra per promuovere l'album. Potrebbe farcela, ma lui - almeno secondo la parte irrazionale del suo cervello - non è in grado di esibirsi davanti a dozzine di persone. Suona, lo fa anche bene, ma non è abile a conquistare il pubblico. No, lui suona e basta e mentre lo fa, guarda per terra, in un punto fisso, come in trance, sperando che la serata finisca presto. Intanto il pubblico si ubriaca e lo abbandona. Decide di smetterla con il tour. Inizia il periodo della depressione profonda per lo sconsolato Nick che è perfino costretto a rifugiarsi dai genitori.

Passa del tempo, continua a suonare ma anche il cervello decide di abbandonarlo. Si rovina, meglio dire si brucia, si consuma come una candela, proprio come fanno i più grandi. E' trasandato, non si cura più di tanto, i capelli sono unti e spesso è senza soldi. La sua carriera non può decollare ridotto in quello stato. Addirittura dorme dove capita. Se gli va bene, è ospite a casa di amici o dei suoi genitori, quando gli va male, sta sotto i ponti. Eppure riesce a pubblicare altri due album, gli ultimi due fantastici album (tra i quali ricordo il famosissimo "Pink moon") realizzati in tutta la sua breve esistenza. Non hanno, ovviamente, fortuna, neanche questa volta. Vengono ignorati da tutti. E' sull'orlo della disperazione. Per la prima volta non riesce a registrare al medesimo tempo voce e chitarra, lo deve fare in più sessioni: questa è la fine di Nick Drake.

Muore, la mattina presto, ignorato da tutti. Tranne che dai suoi cari, anche se il cadavere sarà rinvenuto dalla madre soltanto a ora di pranzo. Molti sostengono l'ipotesi del suicidio ma biglietti non ce ne sono. E artisti come Nick Drake lasciano sempre, nel bene o nel male, qualche traccia … qualche indizio. Sappiamo soltanto, però, che il cantautore deve aver ingerito una dose eccessiva di Amitriptilina, un antidepressivo. La sorella maggiore, Gabrielle, nota attrice della serie televisiva degli anni settanta "UFO", ha affermato, durante un'intervista, di non credere minimamente nell'ipotesi del suicidio. Pensa, invece, che le cose siano semplicemente accadute. Può darsi. L'unica cosa certa, però, è che Nick muore ascoltando le note di Bach.

Di Nick non esistono filmati di concerti o altro, eccetto qualche frammento registrato dal padre quando egli era ancora piccolo. Peccato. Rimangono soltanto delle fotografie. E in esse ricorda vagamente Jim Morrison, quello sguardo perso nel vuoto, quei lunghi capelli neri, quella bellezza rara …

Poi, anni dopo, viene riscoperto dai giovani che diventano suoi fan. Diventa una divinità per molti futuri chitarristi. Diventa finalmente popolarissimo, come spesso accade quando si è morti da qualche tempo. E' presto leggenda tra i giovani. La sua opera viene studiata, analizzata, vengono pubblicate raccolte, libri e anche qualche brano inedito.  

Il suono della sua chitarra rimane unico, difficile da riprodurre. Nick pretendeva in ogni canzone soltanto la sua voce ipnotizzante e la sua cara chitarra acustica. Tuttavia, esistono molti brani con più strumenti. Questo perché spesso si lasciava convincere facilmente dalla sua etichetta discografica, avvantaggiata dalla sua depressione, dalla sua malattia. Il suono di quella chitarra, che dovrebbe accompagnare i suoi meravigliosi testi, diventa un potente mezzo che riesce a scavare a fondo nei nostri cuori, riempiti presto da una pioggia di emozioni all'ascolto delle sue canzoni. Ascoltare un brano di quel ragazzo, ancora oggi, quasi cinquanta anni dopo la sua pubblicazione, rimane un'esperienza unica, quasi mistica e stregante.

Il mito di Nick Drake, dunque, nasce soltanto diversi anni dopo la sua prematura morte. Ancora oggi egli è tenuto in vita dai fan, dalle canzoni, dai ricordi dei molti fortunati che hanno avuto la possibilità di ammirarlo. Di ammirare il genio all'opera. Nick, che sembra quasi un alieno, come quelli di sua sorella nella serie tv; Nick, un extraterrestre lasciato sulla terra da qualcun altro, forse, con il compito di insegnare un'arte sopraffina e, tramite essa, coinvolgere e appassionare altre persone. Un compito, che non è per tutti. Un compito, questo, riservato ai migliori. Lui che in vita fu un talento crepuscolare, sempre tenuto in disparte, vivendo nell'ombra, adesso può finalmente vivere e splendere, sopra di noi, come una stella nel cielo in una serata senza nuvole.


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