E' il 1995, quando David Foster Wallace, ancora poco
conosciuto poiché il suo capolavoro - Infinite Jest - doveva essere ancora
partorito, s'imbarca per la prima volta su una nave da crociera, la bellissima
Nadir (ribattezzata così dal famoso scrittore americano). Il mese è quello di
Marzo e il viaggio è organizzato dalla rivista Harper's, la seconda testata di
cronaca più datata degli Stati Uniti. Il suo compito è uno solo, semplicissimo:
pernottare per una settimana a bordo della Nadir, diretta verso i Caraibi e, in
seguito, scrivere un articolo per la testata stessa. Tuttavia, da questa
sconvolgente esperienza, come vedremo, David deciderà di scriverci addirittura
un saggio; un saggio atipico, particolare, a tratti delirante.
Lo scrittore non esita mai quando descrive la vita sulla
nave, una vita normale per tutti i passeggeri, alienante per lui. Il reportage è
dunque un pretesto per scrivere una satira contro la vita sulle navi da
crociera, contro il consumismo e sugli esseri umani più falsi che sentono il
bisogno di essere superiori agli altri solo perché a bordo di quella nave.
Viene demolito, pagina dopo pagina, ogni aspetto di questo tipo di vacanza: si
parte con la critica verso i dépliant, che invitano i clienti a non fare nulla
attraverso una pubblicità mirata, si passa a ogni singola persona
dell'equipaggio, si arriva alla critica verso la nave stessa che ha il compito
di viziare (termine sparso per tutto il libro) il passeggero.
Il libro è divertentissimo, tiene incollato il lettore alle
pagine fino al suo finale, ma è anche inquietante, a tratti. Una parte
sconvolgente è quella dove viene descritta la pulizia della camera. Essa,
infatti, viene pulita ogni volta che David va in giro per la nave per più di
trenta minuti. I camerieri in questo lasso di tempo non si fanno mai vedere,
sono invisibili. Eppure, una volta rientrato, egli trova la camera in perfetto
ordine, con lo stesso stramaledetto cioccolatino alla menta sul cuscino. Anche
quando decide di cronometrare il tempo trascorso fuori dalla camera (il povero
inviato arriverà anche a questo), non trova traccia del passaggio dei
camerieri, chiedendosi come facciano a sapere la tempistica dei suoi spostamenti.
Oltre alle risate inevitabili c'è anche una visione distopica della nave:
l'obiettivo, infatti, è quello di far fare ai passeggeri delle attività che si
trasformano in feroce competizione e viziarli oltremodo. Memorabile un
passaggio del libro, quando, all'arrivo sulla nave, lo scrittore decide di
aiutare il facchino portando personalmente la propria valigia. Il facchino si
rifiuta perché quello è compito dell'equipaggio e il passeggero ha il solo
obbligo di divertirsi.
"Viene fuori una conversazione assurda tra me e il
facchino libanese perché, in questo momento ho messo un ragazzo, che a stento
parla inglese, in una sorta di doppio legame; un conflitto tra professionalità
ed efferenza, un vero e proprio paradosso del viziatore: << il cliente ha
sempre ragione>>, contro << il cliente non deve portare mai i suoi
bagagli>>"
La vita sulla nave è infernale, rituale, noiosa. Il lettore
legge la descrizione di ogni centimetro quadrato della Nadir, sembra di
viaggiare con Lei. Anche il lettore, concluso il viaggio ne sarà disgustato.
Questo è stato il mio primo approccio con la particolare
scrittura di Wallace ed è sicuramente un ottimo punto di partenza.
Meravigliose, le interminabili note che Wallace inserisce spesso, suo celebre
marchio di fabbrica. Se volete un libro che sappia intrattenere, farvi ridere e
riflettere allo stesso tempo, questo è il libro che fa per voi. Un libro da
leggere, mentre si ascoltano in sottofondo canzoni come "la mer", del
cantante francese Charles Trenet, per salpare sulla Nadir verso i Caraibi,
cullati da uno dei più originali scritti degli anni novanta.