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sabato 28 gennaio 2023

BABYLON: RECENSIONE + ANALISI DEL NUOVO FILM DI CHAZELLE

Ruggenti. Anni. Venti.                                                                                          Si parte da qui con Babylon, l’ultima fatica del regista di “La La Land”, Damien Chazelle.                                                                                                Nell’epoca storica dove i cineasti di tutto il mondo cercano di riprodurre il proprio “8 1/2”, il giovane Chazelle (classe 1985) già ci regala il suo: un’epopea, un vortice di emozioni, un film complesso composto da migliaia di immagini, vortici di colori, suoni meravigliosi. Questa pellicola mastodontica, dalla durata di oltre tre ore, è il suo più puro atto d’amore (ma anche di odio) nei confronti della settima arte e, in particolare, della sua Hollywood.                                                                                              Chazelle (ri)prende da dove aveva lasciato con “La La Land”, ce lo ripropone “paro paro”, e ci aggiunge l’energia e il lato eccentrico e frenetico di “Whiplash”.                                                                                                      In questo film vedrete elefanti sommergere di feci delle persone, orge, scene di vomito, una lotta con un serpente, suicidi; vedrete la stessa scena per sette volte, vedrete il film tramutarsi in un horror ispirato ai gironi infernali della Divina Commedia, vedrete la storia del cinema, dagli albori fino al rivoluzionario “Avatar”…                                                                              Per capire il film bisogna anche venire a conoscenza di un libro, colonna portante di questa opera. Questo libro si chiama “Hollywood Babilonia”, scritto nel 1959 da Kenneth Anger, importante regista sperimentale che oggi ha quasi raggiunto la soglia dei cento anni, ed è un lavoro monumentale sul lato oscuro, selvaggio e marcio di Hollywood…prendendo attore dopo attore, sviscerando la sua oscura storia, e mettendolo a nudo, denunciandolo.        Ah, per la cronaca: il libro è stato censurato fino al 1975.                         Certo, non tutto nel film è perfetto: ha diviso un po’ il pubblico, magari quello non avvezzo al cinema d’autore, che lo ha trovato troppo lungo e ridondante; Margot Robbie recita per tutto il tempo sopra le righe, letteralmente dal primo fino all’ultimo istante. La regia di Chazelle, che ho amato per la sua complessità e, al medesimo tempo, fluidità nei movimenti, è stata criticata per essere ripetitiva e per aver abusato dei piano sequenze.                                    Il film, inoltre, si ispira a pellicole come “Il Casanova” di Federico Fellini, per il suo essere ciclico e per il tema della Stella destinata ad invecchiare e, dunque, ad appassire, con la conseguenza del rifiuto di tutto ciò - di rilevante importanza è, a tal proposito, il discorso tra Jack Conrad e la giornalista, che sembra rifarsi al monologo del filosofo francese Jacques Derrida che nel film sperimentale del 1983, “Ghost Dance”, in un monologo ci dice <<Il cinema è l’arte dei fantasmi. Ecco cosa penso sia il cinema, quando non è noioso: è l’arte di consentire ai fantasmi di tornare in vita>>; poi si prende anche dal recente “C’era una volta ad Hollywood”, e non solo per quanto riguarda la scelta degli attori. Si prende da “Viale del Tramonto”, “The Artist”, “Cantando sotto la pioggia” e tutto quello che può fare comodo ad uno scaltro Chazelle per realizzare al meglio la sua immensa torre di babele. Per questi motivi è stato definito un film furbo, capace di strizzare l’occhio per lo più ai cinefili. Io posso rispondere a questa critica dicendo che fin dalle premesse è un’opera per i cinefili…e per coloro che non lo fossero, beh, è un buon momento per iniziare ad esserlo!                                                                   Poi, due parole sulle musiche. Dio mio…che colonna sonora! Justin Hurwitz, storico collaboratore del nostro cineasta e anch’egli classe ‘85, ha sfornato un lavoro incredibile, minuzioso, regalando per lo più gli stessi vibranti temi, rimaneggiandoli sempre un poco fino a sfociare nella musica jazz-house! Il jazz, infatti, fa da padrone in questo film, sia perché siamo nel mondo di Chazelle sia per il contesto storico (i ruggenti anni ‘20). Una colonna sonora che, in confronto, rende quella di La La Land quasi obsoleta!                         A fine film vorresti essere un attore, un regista, un montatore (il montaggio di questo film è assurdo, fuori di testa) o un trombettista jazz.                      Molte persone hanno definito questo film malinconico, molto più che della parte finale di “La La Land”. Lo è di certo, malinconico, dalla seconda parte in poi (quando si inizia a vedere con nostalgia ai 20s e con scetticismo ai 30s) ma questo è un film principalmente…ottimista! Chazelle ci dice che per lui il cinema è vivo e che per sempre vivrà (e grazie, se ci sono film come questo qui!), il finale del film in questo senso è simbolico: è una incredibile rottura delle regole cinematografiche: è l’Asa Nisi Masa dei nostri tempi, azzardando un paragone.                                                                                                      Il suo essere metacinematografico lo rende già oggi importantissimo e non penso di esagerare quando affermo che questa sua particolarità verrà studiata tra non molto nelle scuole di cinema!                                                             Mi scuso se la mia modesta recensione possa risultare caotica, un po’ come il film di cui sopra, ma da tempo una pellicola non mi elettrizzava così!  Signore e signori, qui abbiamo di fronte a noi il capolavoro del nostro tempo…


UNA BATTAGLIA DOPO L'ALTRA - PICCOLA ANALISI DI UN GRANDE CAPOLAVORO

0.1 Il film parte subito in quarta, spiazza lo spettatore, mostrando da una parte le azioni del gruppo rivoluzionario “French 75” di chiara ...