Il regista greco Yorgos Lanthimos, classe ’73, a distanza di cinque anni da “La favorita”, film britannico in costume, torna a dirigere un film, basandosi su un romanzo sperimentale, postmoderno, scritto da Alasdair Gray, celebre scrittore fantasy natìo di Glasgow. Il romanzo, di oltre 400 pagine e corredato da disegni dello stesso scrittore, è stato pubblicato nel 1992, ma uscì in Italia soltanto due anni dopo, dapprima con il titolo “Poveracci!”. Una seconda ristampa era stata ribattezzata “Vita e misteri della prima donna medico d’Inghilterra”. Soltanto oggi, prende il nome del film: “Povere creature!”. Tornando al film, però, esso si apre con un breve incipit a colori, molto elettrici, quasi fossimo dinanzi un dipinto di El Greco (1541-1614). Lo spettatore assiste subito al suicidio di una giovane donna, Victoria Blessington, che si getta nel Tamigi, il noto fiume di Londra, dal Tower bridge. Poi, il regista sceglie di passare al bianco e nero per tutta la prima parte del film … un bianco e nero che si rifà ai film del cinema espressionista tedesco (anni ’20). Lo spettatore fa così la conoscenza di Godwin Baxter, un geniale scienziato sfigurato, interpretato da un sempreverde Willem Dafoe, la cui faccia è trasformata (e deformata a causa degli esperimenti inflitti da suo padre) dal trucco. Lo scienziato, che non gode di molta stima all’interno della comunità, è riuscito tuttavia nell’impossibile: ha riportato in vita Victoria, sostituendole il cervello con quello del bambino che portava in grembo! Ribattezzata in Bella, ora ragazza con cervello da infante, è costretta a crescere solo e soltanto all’interno della casa di Godwin Baxter, che lei chiamerà per tutto il corso del film “God” (cioè Dio, a sottolineare il fatto che egli sia il suo creatore). Una casa popolata da animali incrociati con altri animali, dunque anch’essi vittime di esperimenti. La regia di Lanthimos è tra il voyeuristico e l’introspettivo. Si alternano inquadrature che sembrano replicare lo spioncino di una porta (il fish-eye, nel gergo cinematografico), passando per zoom che arrivano ad inquadrare i volti degli attori, fino ad arrivare al marchio di fabbrica del cineasta, il grandangolo. Il film, secondo me, può essere comodamente suddiviso in tre atti:
1. 1) Bella Baxter muove i primi passi:
notevole il lavoro svolto da Emma
Stone, costretta ad interpretare una donna con un cervello da bambina, quindi
dispettosa, scoordinata e incapacitata a formulare frasi di senso compiuto,
almeno nei primi tempi. L’inizio della pellicola è ripetitivo e indugia molto
sul comportamento di Bella, che si diverte a suonare il piano, rompere i piatti
uno dopo l’altro e giocare con gli animali, oltre a “tagliare” i cadaveri a
disposizione di God, lo scienziato. Uno dei pochi estimatori di Godwin, il
giovane studente di bassa estrazione sociale Max McCandles, viene assunto dallo
stesso scienziato per annotare tutti i progressi della donna-bambina. Inutile
dire che, ben presto, tra i due nascerà un rapporto speciale. Godwin, capendo
ciò, propone al ragazzo di sposare Bella.
2. 2) Bella scopre la sua sessualità:
Ora che è passato del tempo, Bella è
in grado di parlare, si muove meglio e ha avuto anche qualche concessione, come
una gita fuoriporta con i suoi due uomini. Ma a Bella tutto questo non basta,
perché è una creatura che sta crescendo, si sta formando e che, sopra ogni
cosa, ha voglia di scoprire. Quasi per caso, una mattina, scopre il piacere
autoerotico. Da quel momento in poi, sarà tutto un crescendo. Per redigere il
contratto di matrimonio, che pone dei vincoli a Bella, viene chiamato Duncan
Wedderburn, interpretato da un sorprendente Mark Ruffalo. L’avvocato, non altro
che un dongiovanni, conosce di nascosto Bella e la invita a scappare con lui, a
conoscere il mondo. Proprio con l’avvocato, Bella avrà i primi rapporti
sessuali, continui e frenetici, chiamati ingenuamente <<furiosi
sobbalzi>>. God, capendo che Bella sta sempre diventando più
indipendente, la lascia partire per un viaggio che la terrà fuori casa per
parecchio tempo.
Nonostante la vicenda narrata sia
ambientata in un determinato periodo storico – l’Inghilterra vittoriana – il
mondo ricostruito da Lanthimos è immaginifico, surreale e grottesco, fuori dal
tempo, in una parola sola: steampunk. Esso trascende il tempo stesso, mostrando
sì una società tardo ottocentesca, ma imbastita di elementi futuristici come
macchine a vapore, tram che corrono per l’aria, colori elettrici, marcati,
un’atmosfera fiabesca. Dal punto di vista visivo, la scenografia può ricordare
quella di un Jean-Pierre Jeunet o di un Terry Gilliam. Visivamente parlando, i
paesaggi del film sono, dal primo all’ultimo, mozzafiato e, avendoli visti sul
grande schermo, mi hanno lasciato senza parole!
Una volta arrivati a Lisbona, Bella,
dopo aver fatto ancora i <<furiosi sobbalzi>> con Duncan, esplora
da sola la città, rimanendone incantata e un po’ spaventata. Proprio nel
capitolo dedicato a Lisbona, il film inizia a rivolgere una più netta critica
alla società vittoriana e benpensante dell’epoca, con una figura dirompente e
“pura”, innocente, come quella di Bella ad apportare una piccola “rivoluzione”
a quel mondo lì. Degna di nota la sequenza a tavola, che vede i due amanti e
una coppia loro coetanea scherzare su temi (sessuali) a doppio senso, prima che
Bella irrompa nelle battute con una uscita molto volgare, che scandalizza i
loro amici. Altra scena da menzionare è quella del ballo, dove Bella – fuori da
ogni schema imposto dalla società – ne inventa uno nuovo, frenetico,
spasmodico, una <<modern dance>>, come cantavano i Pere Ubu negli
anni ’70. Per rivitalizzare un rapporto che sta ora sfociando nella noia e
nell’odio, Duncan droga Bella e la porta in una nave da crociera che “sputa”
del vapore giallo. Ma invano. Sulla nave, però, Bella conosce una coppia di
viaggiatori: una anziana signora di nome Martha von Kurtzroc e un ragazzo di
colore di nome Harry Hastley, le cui biografie, purtroppo, non vengono nemmeno
menzionate, lasciando il desiderio allo spettatore di leggere il libro di Gray,
per scoprire più dettagli sui personaggi. Nonostante ciò, Bella, grazie ai suoi
due nuovi amici, conosce la filosofia (Harry è un nichilista, non si riconosce
in nessuna ideologia). Per far aprire gli occhi a Bella riguardo gli orrori del
mondo, Harry la accompagna ad Alessandria d’Egitto.
3. 3) Bella scopre gli orrori del mondo:
eppure, nonostante il mondo apparisse bello e innocente agli
occhi della giovane creatura, c’erano stati degli avvisagli nefasti come la
coppia in litigio a Lisbona e, sulla nave, il più cruento sgozzamento di un
gabbiano da parte di un marinaio. Ma solo ad Alessandria, Bella verrà a patti
con la realtà, osservando con i propri occhi le disparità sociali,
rappresentate in modo <<dantesco>>, da girone infernale, in un
caldo torrido. Bella, disperata, scoppia in un pianto isterico. Così, decide di
prendere i numerosi soldi vinti da Duncan al casinò e donarli ingenuamente a
due marinai che, quasi certamente, terranno per loro stessi. Senza più un
soldo, i due amanti sono obbligati a sbarcare al prossimo porto e, ritrovatosi
a Parigi, costretti a vivere come vagabondi. Qui arriva la parte più divertente
del film, nonostante la drammaticità del momento, con un Mark Ruffalo che da ex
supereroe del cinema (è stato l’attore che ha interpretato Hulk) appare adesso
ridicolizzato, in preda a crisi isteriche perché povero e senza un soldo in
tasca. In una Parigi completamente innevata, Bella inizia a lavorare in un
bordello, a prostituirsi, per guadagnare soldi. Qui sta la chiave di lettura
più importante presente all’interno della pellicola: Bella si emancipa da una
società di disparità e fortemente patriarcale mettendo a disposizione il suo
corpo, unendo il piacere personale al guadagno, voltando faccia a una società ipocrita,
benpensante, che collega la mercificazione del corpo alla peccaminosità,
all’indecenza. Un mio amico appassionato di filosofia, Marco, ha visto in
Marcuse la chiave del film: ovvero il superamento dei dolori provocati dalla
società attraverso la totale liberazione dell’eros. Nel bordello, in ogni caso,
avviene un altro fatto importante, ovvero Bella fa la conoscenza di Toinette,
una sua giovane collega, che la introduce al socialismo. Bella ora capisce che
soltanto attraverso una rivoluzione, alla lotta di classe, potrà liberarsi dalla
società in cui è costretta a vivere. Nonostante il libro sia più politico, come
tutti i lavori del suo scrittore, anche nel film non mancano accenni – magari
più velati – alla politica. Purtroppo, God, sentendo la mancanza di Bella,
inizia a stare male. Presto capirà che non ha più molto tempo da vivere. Bella,
dunque, non può che tornare nella città da dove era scappata: Londra. Lì, la
ragazza, presto conoscerà il concetto di morte. Durante il giorno delle nozze,
al quale assiste lo stesso God, a complicare le cose, comparirà il vecchio
marito di Victoria/Bella, tale Alfie Blessington, un generale dell’esercito,
che reclama il diritto di averla con sé, di possederla; e lei, a sorpresa, deciderà
di seguirlo nel suo castello, lasciando sbalordito il pubblico tanto quanto Max
e Godwin che rimangono impotenti, vicino l’altare. Spaesato, lo spettatore non
capirà il perché di quella scelta. Ma poi, in un finale tanto crudele quanto
geniale, tutto assumerà un senso e lo spettatore potrà lasciare la sala
appagato, con un sorriso tra le labbra.
ASPETTI TECNICI:
dal punto di vista tecnico, tutti nella troupe hanno svolto
un egregio lavoro. Lo stile di regia di Lanthimos, come ribadito all’inizio, è
perfetto per ciò che si sta vedendo. Il montaggio, ad opera di Yorgos Mavropsaridis,
crea il giusto ritmo. Le scenografie sono visivamente memorabili, i cieli
appaiono come dipinti, pennellati; il mare, sembra uscito da un film di
Fellini. I costumi sono iconici, perfettamente studiati e penso proprio che
verranno menzionati, nel prossimo futuro, nelle scuole di moda. Ma a colpire
maggiormente forse è la colonna sonora, composta interamente da Jerskin Fendrix,
che ha suonato a parte ogni strumento, dal pianoforte ai violini. La colonna
sonora appare volutamente scoordinata e strimpellante, al fine di ripercorrere
i passi di crescita della protagonista, diventando un tutt’uno con essa, fino a
crescere, a maturare, e diventare un po’ più armonica.
L’EVOLUZIONE DI LANTHIMOS:
Di notevole importanza è anche l’evoluzione compiuta dal
cineasta greco che, film dopo film, ha cambiato stile, lo ha plasmato alle sue
storie e al suo modo di vedere il mondo. Conosciuto dapprima in patria come un
regista “freddo”, glaciale, con uno stile simile a quello di un Michael Haneke
o di un Ulrich Seidl, oggi – grazie a questo suo ultimo film – possiamo notare
come sia diventato un regista più “caldo” … è questo, infatti, il suo film più
sentito, dove si nota tantissimo la sua empatia per due o tre personaggi! L’evoluzione
di Lanthimos, iniziata con “La favorita”, superando l’ingombrante appellativo
di “nuovo Kubrick”, può oggi dirsi compiuta. Probabilmente, però, come per
tutti i grandi artisti anche questo periodo sarà per lui di transizione, fino
al prossimo step della sua già rinomata carriera.
INFLUENZE, CITAZIONI E OMAGGI:
nonostante l’originalità della storia, Lanthimos infarcisce
la pellicola di omaggi e citazione ad altri film, probabilmente a lui cari. Da
un certo punto di vista, il regista gioca un po’ con il metacinema, incarnando
il ruolo di Godwin, incrociando vari film (come il personaggio incrocia i suoi
animali), per creare un nuovo ibrido. Innanzi tutto, la prima parte del film
ricorda il suo primo film di successo “Kynodontas” (la storia di due ragazze
cresciute forzatamente nella loro casa, senza poter osservare il mondo). La
storia ha tratti in comune con “Pinocchio” e “Frankenstein”, creature create da
altri esseri umani e desiderose di esplorare il mondo che li circonda. Poi,
possiamo notare le influenze del cinema espressionista tedesco, come scritto
sopra, ma non solo nella fotografia in bianco e nero, ma proprio per scelte di
regia; possono essere fatti dei parallelismi con “Metropolis” di Fritz Lang (1927)
per quanto riguarda lo skyline di Lisbona o per la scena dell’operazione di
Bella. Le scenografie, gli interni dei determinati edifici (sia esso un hotel,
la cabina della nave o il bordello) sono sfarzosi, barocchi e influenzati
dall’Art déco (1940s). Le atmosfere steampunk sono ovvie e, come scritto in
precedenza, ci sono echi di Gilliam e Jeunet. Curioso e divertente il parallelismo
notato da alcuni appassionati cinefili su internet con il film cult di serie B
“Frankenhooker”, la storia rivisitata – anche in quel caso – di Frankenstein,
ma al femminile. Dopo la morte della sua ragazza, a causa di una falciatrice
assassina che l’ha ridotta a brandelli, un giovane studente scienziato cerca di
riportarla in vita. Non avendo parti del corpo a disposizione è costretto a
uccidere delle prostitute per riportare in vita la sua ragazza. Una volta in
vita il mostro avrà una voglia scatenata di … sesso! Nonostante sia una
commedia horror, le espressioni facciali tra la protagonista e Bella sono
simili (di certo la Stone è un’attrice di rilievo), la scena della creazione è
simile e, il sesso come liberazione del proprio io, è parte comune in entrambi
i film.
SCELTA DEL TITOLO:
emblematica, ai fini del messaggio dell’opera, la scelta del
titolo. Chi sono queste povere creature? Forse gli uomini che ruotano intorno a
Bella (il protettivo God, il promesso sposo Max, l’insaziabile Duncan, i
disperati uomini frequentatori del bordello, il crudele marito Alfie), almeno
questa è la spiegazione che viene fornita al lettore del libro; o forse le
Povere Creature non sono altro che gli esseri umani, condannati alle loro
scelte, ai loro errori, a una vita apparentemente insensata. Forse, invece, le
Povere Creature sono le donne, abusate da una società maschilista, che le vuole
rinchiuse in un determinato luogo. La risposta non ci è data saperla con
certezza, ma lo spettatore potrà farsene una propria dopo aver visto il film.