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mercoledì 30 ottobre 2024

5 FILM HORROR A EPISODI PER LA NOTTE DI HALLOWEEN

 

In questo particolare periodo storico, dove vanno così tanto di moda le serie tv, oppure i film a puntate (o meglio, si è stati abituati a concepire così il prodotto audiovisivo con l’avvento della tv), ecco che per la notte di Halloween 2024, che è ormai alle porte, ho deciso di consigliarvi cinque film dell’orrore a episodi, così da vedere un unico film, ma diviso in più storie. Partiamo:

1)    “Il giardino delle torture” di Freddie Francis (1967): horror britannico suddiviso in quattro episodi, è un film ambientato in un luna park, dove alcuni turisti faranno la conoscenza del Dottor Diablo, che farà immergere ogni personaggio in una sorta di trance, per fargli vivere in prima persona un'inquietante storia una diversa dall’altra. Un cult horror che oggi forse non spaventerà più come negli anni ‘60, ma che ha ancora qualche freccia nel suo arco. L’ultimo episodio, per esempio, è un grande omaggio a Poe. Il finale che amalgama la pellicola, all’interno del parco giochi, non può che essere a sorpresa, come solo un tempo si sapeva fare.

2)    “Creepshow” di George A. Romero (1982): uno dei migliori film horror degli anni ’80, questo Creepshow è un vero gioiello, girato dal Maestro Romero e scritto da Stephen King (che qui vi recita anche). Un film fotografato magistralmente, in omaggio all’altro Maestro del brivido Mario Bava, con dei viola, dei blu e dei rossi … dell’altro mondo! Il film, dopo un prologo che vede recitare anche il piccolo Joe Hill, il figlio di King, si suddivide in cinque episodi, che sono:

‘La festa del papà’: un odioso uomo, ucciso anni prima, tornerà in vita il giorno della festa del papà, per cercare vendetta.

‘La morte solitaria di Jordy Verrill’: un contadino (un indimenticabile strampalato S.King) entra in contatto con un meteorite caduto sul suo giardino.
‘Alta marea’: un marito tradito (interpretato da un inedito Leslie Nielsen) si vendica della moglie e dell'amante seppellendoli sulla riva in attesa dell'alta marea.
‘La cassa’: nel sottoscala di una università si trova una cassa con dentro una misteriosa creatura.
‘Strisciano su di te’: un avido uomo d'affari ha una paura tremenda degli insetti e questo lo porta a vivere rinchiuso dentro il suo asettico appartamento, finché un blackout complicherà le cose. Senza dubbio l’episodio più disgustoso di tutta la pellicola, credetemi!

3)    “Incubi” di Richard Donner, Tom Holland e Robert Zemeckis (1992): tre registi di altissimo livello per tre mediometraggi molto coinvolgenti, in un film uscito direttamente per la televisione, e che in pochi conoscono. ‘Duello fantasma’ è un western che narra la storia di un pistolero che, grazie ad una pozione, scoprirà ciò che la sua mente ha rimosso.
‘Corsa verso la morte’ racconta di una sfida tra un giovane del volante (un giovane Brad Pitt) e un campione del passato, impegnati in una corsa mortale ad alta velocità.
‘L'ultimo coraggio’ è la storia di un padre che, durante la Grande Guerra, porta il figlio davanti alla corte marziale accusandolo di codardia, da menzionare i due attori coinvolti, ovvero il grande Kirk Douglas e suo figlio Eric. Piccola curiosità, Kirk Douglas aveva già recitato nelle trincee della Prima guerra mondiale, nel capolavoro di Kubrick del 1957, “Orizzonti di gloria”.

4)    “Three … extremes” di Fruit Chan, Park Chan-Wook e Takashi Miike (2004): anche in questo caso abbiamo tre cineasti d’eccezione, che realizzano un horror a episodi disturbante come pochi altri, capace di traumatizzare lo spettatore più volte durante la singola visione. Nel primo episodio, ‘Ravioli’, una signora borghese si reca presso una singolare fattucchiera per mangiare i suoi ravioli, elisir di lunga vita, grazie al particolarissimo condimento. Questo episodio è stato poi rilasciato anche come lungometraggio, ed è davvero un’ottima disgustosa storia scabrosa.
Nel secondo episodio, ‘Cut’, un regista e sua moglie vengono rapiti da una comparsa psicopatica e costretti ad un gioco diabolico.
Nel terzo e ultimo episodio, ‘Box’, si parla di fantasmi e visioni, ambientando il tutto in un circo.

5)    “Southbound – Autostrada per l’inferno” di David Bruckner, Patrick Horvarth e Roxanne Benjamin (2016): un horror indipendente che, a differenza degli altri citati, collega tra loro le varie storie, andando a creare un vero e proprio incubo ad occhi aperti, dove un’azione di un personaggio, magari, andrà a stravolgere l’esistenza del protagonista dell’episodio successivo. L’ambientazione sulla celebre strada Route 66, costeggiata dal deserto e perfetta per lunghi viaggi notturni e solitari, infernali, non può che fare da splendida cornice a un film molto interessante e originale.

lunedì 28 ottobre 2024

PARTHENOPE DI PAOLO SORRENTINO: TRA MITO, RIMANDI CLASSICI E PERFEZIONE TECNICA.

Parthenope è un inno all’estate, alla giovinezza in generale e ai corpi in particolare. 

La cosa che mi ha colpito fin dalla primissima scena di questo film, e sensazione che non mi ha abbandonato mai per 130 minuti, è il fatto che Sorrentino abbia realizzato delle inquadrature volutamente perfette, maniacali, degne di essere esposte al Louvre o agli Uffizi. In questi tre anni, che lo separano dal suo precedente lavoro, Sorrentino avrà sicuramente studiato e ristudiato ogni singola scena. L’avrà disegnata, sognata, immaginata più volte. Ne sarà uscito pazzo. La perfezione tecnica ne è il risultato. Anche quando inquadra un semplice muro (non scherzo mica) riesce a essere geometricamente e visivamente perfetto. 

Il film, comunque, narra la giovinezza di Parthenope, figlia del mare e di Napoli, dal 1968 fino ai primi anni ‘80. Proveniente da una famiglia della borghesia napoletana, la ragazza si muove e si atteggia da dea greca, tra pose ad effetto, da spot televisivo, e frasi taglienti sempre pronte (cosa che ogni personaggio del film le rinfaccia, tanto da diventare comico, <<hai sempre la risposta pronta>>). 

Parthenope, infatti, sembra l’incarnazione di una dea greca in terra. E arriverà perfino a sfidare subdolamente Dio, o chi per esso lo rappresenta sulla terra! 

Non ci vuole molto a capire che: Parthenope = Napoli. 

In realtà, Partenope, nella mitologia greca, era una bellissima sirena dagli occhi tristi che con il suo canto riusciva ad ammaliare chiunque, perfino sé stessa. La sua fine, secondo il poeta Apollonio Rodio, è da ricondurre ad Ulisse, che riuscì a ignorare il canto della sirena e delle sue simili. La sirena allora si suicidò e il corpo esamine arrivò fino alle foci del fiume Sebeto, che bagnava l’antica Neapolis. Successivamente, col passare del tempo, Partenope venne scelta come dea protettrice dai cittadini. Oggi, di Partenope, rimane una scultura incastonata nella fontana della caratteristica Piazza Sannazaro, in città.

Nella pellicola, invece, Parthenope, partorita proprio nelle acque partenopee, è una bellissima donna, inevitabilmente ammaliatrice, come solo e soltanto le meridionali possono essere, ed è interpretata dalla sconosciuta Celeste Dalla Porta, eccellente nelle scene di silenzio…e anche da Stefania Sandrelli, nella sua controparte anziana. 

La giovane è particolarmente legata a suo fratello, che ha il tratto distintivo di soffiare sulle persone (letteralmente) come il Dio del vento Eolo. 

Il loro rapporto, dai tratti incestuosi, è un altro rimando al mondo greco antico. Le giornate dei due trascorrono nella loro grande villa, corredata da busti greco-romani, tra la noia borghese, le letture e l’armonia delle onde blu del mare, fotografato in maniera eccelsa da Daria D'Antonio.

I due, più il fidanzato di lei, allora, decidono di partire alla volta della vicina Capri, per dare una svolta all’estate. Qui la nostra eroina incontrerà perfino John Cheever, scrittore statunitense realmente esistito, Maestro indiscusso del racconto breve, interpretato da un Gary Oldman forse mai così bravo. Sempre a Capri, la scena della discoteca è molto d’effetto. La colonna sonora del film, ne approfitto, è memorabile. 

A Capri ci sarà, però, un evento - una svolta - che cambierà drasticamente le sorti dei personaggi del film, degna di una tragedia greca. 

Da quel momento in poi, dal ritorno a Napoli in avanti, intendo dire, il film diventa un pretesto per celebrare lo sfogo dell’ego sorrentiniano, che raggiunge vette mai toccate prima. 

Se fino a quel momento il film era sì una favola (<<Fidatevi, (vi) nascerà una femmina>>, afferma fin dalla sua prima battuta il Commendatore), ma tutto sommato abbastanza sobria (unici elementi grotteschi presenti: l’elicottero e il baldacchino di Versailles), dalla seconda parte in poi le scelte visive di Paolo Sorrentino assumono un tono barocco e un ritorno alla follia grottesca de “La grande bellezza” e “Youth”, ma ancora più in grande; elenco, vado a memoria: il colera, l'attrice mascherata, la fusione, tutta la parte del miracolo di S.Gennaro, il figlio. E mi fermo qui. 

Alcune scene sono tuttavia riuscite, come quella che vede la musa del regista, Luisa Ranieri, impegnata in un monologo di territoriale autocritica. 

Molto bello anche il rapporto tra Parthenope e il suo professore universitario, interpretato da uno stanco, ma convincente, Silvio Orlando. 

Nella parte finale si accumulano le scene grottesche, oniriche, esagerate.

Tutto quello che non amo e non sopporto di Sorrentino viene tristemente a galla. 

Inoltre, chi non ama i film dove i personaggi parlano per frasi fatte, forse dovrebbe tenersi alla larga da tutto questo. 

Il finale prolungato e tirato per le lunghe non convince affatto; interessanti, al contrario, i titoli di coda. Fosse stato sfoltito di una decina di minuti, il ritmo del film ne avrebbe giovato. 

Azzardo anche che, fosse stato solo un mediometraggio (dall’inizio fino alla parte a Capri inclusa, ovviamente), il film sarebbe stato indimenticabile, non esagero.

Sorrentino, dunque, tirando le somme, non riesce a contenersi come aveva fatto nel precedente e stupendo “È stata la mano di Dio”, dove il grottesco c’era, ma era contestualizzato nel folklore napoletano (vedi il Munaciello). Un peccato, però, non aver visto quel film sul grande schermo, rubato dall’avidità di Netflix; una fortuna, al contrario, aver goduto di questo film sul grande schermo.
 

Qui, in compenso, c’è una perfezione tecnica da far invidia a un maestro dell’inquadratura del calibro di Wes Anderson. 

UNA BATTAGLIA DOPO L'ALTRA - PICCOLA ANALISI DI UN GRANDE CAPOLAVORO

0.1 Il film parte subito in quarta, spiazza lo spettatore, mostrando da una parte le azioni del gruppo rivoluzionario “French 75” di chiara ...