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lunedì 30 dicembre 2019

LA SERIE TV PIU' BELLA VISTA QUEST'ANNO

Nella piccola città di BandBridge, situata nell'Irlanda del Nord, si trova un monumento dedicato a Francis Cozier, l'ultimo capitano della mitica nave "Terror", della Royal Navy britannica. Essa sarà la protagonista di questa recensione, poiché ho deciso di parlarvi della serie tv dedicata alla celeberrima nave e al suo capitano; uscita nel 2018 per Amazon prime essa si chiama "The Terror", riferendosi perciò non principalmente ad un terrore astratto, ma al nome stesso della nave. Perché la vicenda è quella di due navi di Sua Maestà la Regina Vittoria, siamo nel 1848, nel bel mezzo dell'Età Vittoriana, ed esse sono stracolme di uomini che vogliono fare la storia: trovare un passaggio a nord - ovest per nuove e vantaggiose rotte commerciali e tornare da eroi in patria. Il problema? I ghiacci del profondo nord, che bloccano e inchiodano letteralmente le navi (oltre la Terror c'è la Erebus), e il terrificante freddo. Perciò, la serie tv parte da un vero evento storico, molto preciso e accurato, per aggiungere l'elemento sovrannaturale, un ALTRO terrore. 
La serie tv, composta da dieci episodi, si prende il suo tempo, esplora ogni angolo, lo spettatore non può che ascoltare immobile ogni scricchiolio e cigolio, fino ad averne paura. La macchina da presa si aggira per la nave con estrema esperienza, diventa un tutt'uno con essa, finché il tempo passa, gli uomini iniziano a morire misteriosamente e il cibo inizia a finire. A questo punto, gli uomini, insieme al capitano Cozier, sono costretti a incamminarsi tra le gelide terre del nord, per trovare un aiuto, fronteggiare i pericoli e razionare il cibo rimasto.
Tra i moltissimi interpreti spiccano su tutti Jared Harris, che interpreta il già citato Cozier, regalandoci una performance davvero mozzafiato; come non menzionare Paul Ready, che interpreta il dottore della Terror, Goodsir; Adam Nagaitis interpreta l'arruolato Cornelius Hickey; e, infine, Nive Nielsen, interpreta Lady Silence, una nativa dei ghiacci.
Ma sono il Capitano e Hickey i due personaggi che compiono una totale evoluzione nel corso della serie: il primo, da capitano dedito all'alcol, diventa un uomo deciso, finalmente maturo, con il passare del tempo, che riesce finalmente a guidare i suoi disperati uomini; il secondo, da semplice arruolato, diventa un disertore assetato di potere e pronto a tutto per il suo scopo. Due personaggi davvero ben caratterizzati che compiono la loro evoluzione a trecentosessanta gradi.
La serie tv parte piano, come ho detto, per poi crescere ed esplodere negli episodi finali e, quando lo fa, lo spettatore non può che rimanere senza parole, sconvolto ma appagato per l'attesa. Essa fa del suo punto di forza proprio l'attesa, ma anche il silenzio (la colonna sonora è praticamente assente, e anche quando c'è sembra non esserci), le interpretazioni eccellenti degli attori da noi quasi tutti sconosciuti, la ricostruzione storica e l'ambientazioni tra i ghiacci, oltre che ad un terrore strisciante che si fa percepire sempre di più, episodio dopo episodio.

Basata sull'omonimo romanzo di Dan Simmons, uno scrittore horror spesso affiancato a Stephen King, e prodotta da Ridley Scott, questa è una serie tv che sento di consigliarvi caldamente e che ogni amante della storia inglese, dell'avventura e dell'horror non può lasciarsi sfuggire.
"(…) Aveva portato tutte quelle navi i cui nomi sono come gioielli sfavillanti nella notte del tempo, dal Golden Hind che tornava coi fianchi rotondi colmi di tesori, per ricevere la visita di Sua Maestà la Regina e uscire così dalla saga gigantesca, all'Erebus e al Terror, partiti per altre conquiste - che non tornarono mai più."

Joseph Conrad - Cuore di tenebra, 1899, pag. 7

mercoledì 25 dicembre 2019

I MIGLIORI FILM VISTI NEL 2019


N.B. Gran parte dei film da me citati in questo post sono stati proiettati per la prima volta lo scorso anno; tuttavia, essi sono usciti IN ITALIA quest’anno, in ritardo rispetto al loro paese di produzione, e quindi sono stati visti dal sottoscritto soltanto nel 2019 e, di conseguenza, fanno parte della classifica. Quest’ultima, inoltre, ci tengo a precisare, è puramente soggettiva, e rispecchia banalmente i miei gusti. 

Nota positiva: sono riuscito a vedere la maggior parte dei film qui sotto elencati al cinema, empatizzando ancora di più con le vicende proposte. 

MENZIONI SPECIALI: 

-     “The souvenir” di Joanna Hogg, 2019/USA-UK      : di questo film conoscevo soltanto l’onnipresente Tilda Swinton, che interpreta la madre della protagonista, Julie, una aspirante regista che avrà una relazione con un uomo, la quale diventerà tossica per entrambi. 

-    “Noi” di Jordan Peele, 2019/USA: dopo “Scappa – get out”, un altro grande film politico di Peele, che sfrutta ancora il tema del razzismo per criticare il sistema americano e la sua storia. 

    “Un giorno di pioggia a New York” di Woody Allen, 2019/USA: tanto jazz, tanta pioggia, un cast stellare e una magnifica New York dei giorni nostri fanno di questo travagliato film un piccolo bijoux. 

“Rocketman” di Dexter Fletcher, 2019/UK-USA-CAN: dopo il biopic su Freddy Mercury, Fletcher ci regala la biografia di Elton John, facendo un passo avanti rispetto al precedente film, aggiungendo parti di vero e proprio musical. Interessante.

Ed ora la vera e propria classifica:

15) “Dolor y gloria” di Pedro Almodovar, 2019/SPA: in questo intimo film, che racconta la storia di un regista omosessuale in crisi con il suo passato, il celebre cineasta spagnolo dirige un grandioso Antonio Banderas, che recita come mai aveva fatto prima, firmando una interpretazione sentita e sofferta. La tv italiana dovrebbe trasmettere film come questo, piuttosto di pubblicità con una gallina e un grande attore reso irriconoscibile da tremende battute ... 
14) “I morti non muoiono” di Jim Jarmusch, 2019/USA-SVE: intelligentissimo film politico, a sfondo horror, ambientato in piena apocalisse zombie. Spassoso e profondo allo stesso tempo. Da recuperare assolutamente. 
13) “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach, 2019/USA: il titolo spiega già il tema trattato nella pellicola; ma essa andrebbe vista per le incredibili performance di Adam Driver e Scarlett Johansson, che firmano le migliori interpretazioni della loro carreria, impersonando una coppia nella delicata fase di divorzio. 
12) “L’ufficiale e la spia” di Roman Polanski, 2019/FRA-ITA: questa volta Polanski s’ispira a Kubrick (in particolar modo a “Barry Lyndon”) per il suo film in costume sulla vicenda dell’affare Dreyfus nella Francia antisemita di fine ottocento. Il J’accuse del regista polacco è dunque un potente film politico, girato con una grazia sopraffina, degna del vecchio Stanley, appunto. 
11) “Suspiria” di Luca Guadagnino, 2018/ITA-USA: da noi uscito soltanto a Gennaio, dopo il successo di “Chiamami col tuo nome” il buon regista italiano firma il remake del capolavoro di Argento ispirandosi più al cinema di Zulawski (c’è tanta guerra fredda in questo remake ambientato a Berlino) che a quello del buon vecchio Dario. Di questo film parlerò sicuramente in futuro, perché va approfondito. 
10) “Joker” di Todd Phillips, 2019/USA: ed eccoci al film più chiacchierato dell’anno; esso mi ha colpito moltissimo più per le sue atmosfere scorsesiane (questa Ghotam ricorda tantissimo la New York di “Taxi Driver”) rispetto alla pur ottima interpretazione di Phoenix – ma che in altri film ha dato il meglio di sé. Film introspettivo capace di catturare le masse: wow! 
9) “Van Gogh – sulla soglia dell’eternità” di Julian Schnabel, 2018/USA-FRA: lo spettatore, in questo film, diventa letteralmente il pittore olandese e viene catapultato in un mondo a contatto con la natura, dove le sensazioni risultano l’unica cosa importante. Già immortale l’interpretazione di Willem Dafoe. Soprendente ed emozionante. 
8) “Green book” di Peter Farrelly, 2018/USA: c’è tanto jazz in questo road movie premiato con l’oscar al miglior film; una storia d’amicizia davvero emozionante e coinvolgente tra un autista e un pianista classico di colore nell’america razzista dei primi anni sessanta. Un piccolo gioiello.
  7) “Midsommar” di Ari Aster, 2019/USA-SVE: in questo superbo horror ambientato nel nord europa c’è tantissima luce, cosa che non capita spesso in un film di questo genere. Un’incredibile discesa negli inferi per dei giovani amici americani, in vacanza in un paesino legato alle sue “particolari” tradizioni. Dopo “Hereditary”, il giovane regista americano continua a sconvolgere e a inquietare lo spettatore. 
6) “C’era una volta a Hollywood” di Quentin Tarantino, 2019/USA-UK: di questo film ne ho già parlato in una apposita recensione dopo averlo visto. Dai, cos’altro aggiungere?! Quentin non perde un colpo …
5)“Il primo re” di Matteo Rovere, 2019/ITA-BEL: un film epico sulla storia di Romolo e Remo di un regista italiano, per lo più recitato in protolatino e interpretato dal bravissimo Alessandro Borghi non poteva che entrare nei piani alti di questa classifica. 
4) “Vice – l’uomo nell’ombra” di Adam McKay, 2018/USA: in pieno stile del regista, questo eccentrico film biografico, incentrato sulla vita del vicepresidente Cheney (intepretato da un irriconoscibile Christian Bale), sa come soprendere continuamente lo spettatore; inoltre, McKay, come per il suo precedente lavoro “La grande scommessa”, sa come criticare il sistema americano, facendoti, però, allo stesso tempo, empatizzare tantissimo con i personaggi. 
3) “La favorita” di Yorgos Lanthimos, 2018/IRL-UK-USA: il regista greco sa come rinnovarsi, capolavoro dopo capolavoro. Qui realizza un film in costume pieno di black humor, tipico del cinema europeo, nonostante la produzione fortemente americana, il successo commerciale e le vittorie agli Oscar 2019. Grandissima regia, la sua, nonostante la giovanissima età, cosa che mi lascia incredulo ogni volta. Maestoso. 
2) “The Irishman” di Martin Scorsese, 2019/USA: dalla durata di tre ore e mezza, appena approdato sulla piattaforma Netflix, esso rappresenta il testamento del cinema gangster del regista americano; una vera e propria epopea. Un film stanco, volutemente lento, che si distacca tanto da “Quei bravi ragazzi” e, infine, <<interpretato dagli amici>> di Scorsese (De Niro, Al Pacino, Joe Pesci & Harvey Keitel). Il film equivale ad un “C’era una volta in America” a tinte scorsesiane. Forse  è da ricercare in questo capolavoro la migliore regia, in termini tecnici, del 2019. Imponente.
1) “Parasite” di Bong Joon – Ho, 2019/CDS: mai un film coreano aveva trionfato a Cannes; forse questo basterebbe per scatenare la curiosità di chiunque. Ma voglio dire di più: è difficile rammentarmi di un film di un paio d’ore che mischi alla perfezione il dramma, la commedia, il black humor, il thriller, il giallo e, perché no, anche l’horror … un film completo, a dir poco perfetto, che si ribalta sequenza dopo sequenza e fa dei colpi di scena e delle trovate originali i suoi punti di forza. L’ho già visto due volte e a ogni visione sa scuotere come se fosse la prima. Quando dovrò rispondere, in futuro, <<cos’è un capolavoro nel cinema?>>, allora risponderò menzionando questa pellicola. 

martedì 10 dicembre 2019

I LIBRI PIU’ BELLI LETTI NEL 2019

Il 2019 è stato un anno prolifico in quanto a letture, poiché soltanto nel 2016 ho letto un maggior numero di libri; oggi, a tal proposito, voglio elencare quelli che ho amato di più durante l’anno che sta per lasciare spazio al nuovo decennio. Quindi, ho classificato i libri più belli, un compito per nulla facile, lasciando fuori dalla classifica alcuni libri che vorrei menzionare comunque, come:
  • -         “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler, 1925: la novella dello scrittore austriaco è stato il primo libro letto nel 2019; da esso è stato trasposto per il grande schermo l’ultimo capolavoro di Kubrick, “Eyes wide shut”.
  • -         “La strada” di Cormac McCarthy, 2006: vincitore del Premio Pulitzer l’anno successivo, questo romanzo post apocalittico, dalla prosa essenziale e ridotta all’osso, esplora in profondità il rapporto padre – figlio.
  • -         “Il dolore è una cosa con le piume” di Max Porter, 2016: libro che mescola prosa e poesia, si è rivelato una piacevole sorpresa; una fiaba grottesca che vede un uomo perdere la propria moglie e restare con i due figlioletti, proprio in quel momento di sconforto ecco che appare nella loro casa la misteriosa figura del Corvo …
  • -         “Le cose che non facciamo” di Andrés Neuman, 2017: raccolta di racconti davvero particolare di questo giovane scrittore argentino, che riesce a scrivere iconici racconti brevi anche di sole due pagine!
  • -         “Sayonara, Gangsters” di Takahashi Gen’ichiro, 1982: forse il romanzo più folle che io abbia mai letto, esso vede personaggi come killer immortali, gatti bere latte e vodka, poeti trasformati in frigoriferi, alieni in vacanza studio sulla terra, persone che si regalano nomi … queste piccole informazioni basterebbero per convincere chiunque a leggere questa perla postmoderna!
Dopo aver menzionato queste opere comunque meravigliose, è tempo di scoprire la classifica effettiva dei libri che più ho amato nel 2019; essa comprende quindici posizioni e, ovviamente, non è in ordine oggettivo ma puramente soggettivo: 

15) “Trilogia di New York” di Paul Auster, 1985: romanzo costituito da tre novelle, esso parte come un classico noir per poi arrivare ad essere un libro che fa della psicologia il suo punto di forza; la favolosa New York raramente è stata descritta in modo così sognante e concreto al medesimo tempo. 

14) “L’istituto” di Stephen King, 2019: quest’anno ho finalmente ritrovato lo scrittore americano, che mi aveva deluso con i suoi ultimi lavori, e che avevo quindi accantonato per un bel po’; qui King va sull’usato sicuro, riuscendo a creare una buona storia di fantascienza, ma soprattutto di amicizia e di formazione, con una forte critica a Trump, come non gli riusciva da tanto tempo. Un romanzo per tutti, anche per i più giovani. 

13) “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf, 2017: l’ultimo romanzo prima della scomparsa dello scrittore divenuto celebre per la “Trilogia della pianura”, è un’opera intima, dolce, delicata, stilisticamente semplice, dove due persone anziane, un uomo e una donna, ormai entrambi senza la rispettiva dolce metà, decidono di passare le notti insieme. Struggente.

12) “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, 1961: romanzo visionario e soprattutto coraggioso, un inno contro la mafia e la politica italiana di quegli anni, dominata dalla DC. Romanzo assai sottovalutato, dovrebbe essere, invece, riscoperto nelle scuole. 

11) “Le città invisibili” di Italo Calvino, 1972: cosa dire di questo classico della narrativa italiana, dove la fantasia e il viaggio sono gli elementi principali? Beh, leggere delle fantastiche e surreali città esplorate - chissà! - da Marco Polo resta un’esperienza unica che consiglio a chiunque.

10) “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez, 1967: entriamo in top ten con il premio Nobel colombiano, che ci ha regalato un’epopea generazionale unica, grottesca, con personaggi memorabili e divertenti in pieno stile Marquez. Parliamo di capolavoro? Direi proprio di sì …

9) “Umiliati e offesi” di Fedor Dostoevskij, 1861: scoperto lo scorso anno con “Delitto e castigo”, non ho più lasciato lo scrittore russo, che si è annoverato subito tra i miei preferiti; quest’anno ho letto diversi suoi libri, tutti splendidi, ma questo merita più degli altri di entrare in classifica. “Umiliati e offesi” si presenta come un romanzo contro la povertà e le classi nobili della Russia zarista, riuscendo a commuovere, e non poco, il lettore. 

8) “L’Aleph” di Jorge Luis Borges, 1949: la raccolta di racconti più celebre del grandissimo scrittore argentino, mescola la finzione e il mito con la filosofia, creando qualcosa che nessun altro scrittore riuscirà più a replicare. 

7) “Teatro” di Samuel Beckett, 2014: lo scrittore irlandese trapiantato in Francia, capostipite di quello che sarà conosciuto come teatro dell’assurdo, ci ha regalato copioni davvero memorabili e imprescindibili durante tutto il corso della sua vita, esplorati dal sottoscritto in una notevole edizione del 2014 targata Einaudi. La mia opera teatrale preferita della raccolta rimane la mai citata “L’ultimo nastro di Krapp”. 

6) “Solaris” di Stanislaw Lem, 1961: conosciuto come uno degli scrittori di fantascienza più innovativi di sempre, il polacco è infatti riuscito a creare un romanzo che può essere inteso anche come opera filosofica – poiché nel lontano pianeta “Solaris”, esplorato dai terresti, si materializzano gli spettri dei grandi amori del passato; la fantascienza, dunque, è solo un pretesto per esplorare i più profondi sentimenti umani. Imperdibile. 

5) “Epepe” di Ferenc Karinthy, 1970: riscoperto ultimamente dalla casa editrice Adelphi, questo grottesco romanzo ungherese vede come protagonista un importantissimo linguista che, dopo un volo per raggiungere un paese del nord per una conferenza, si ritrova catapultato in un mondo parallelo, popolato da persone tali e quali a noi ma che, per comunicare, utilizzano una incomprensibile lingua, intraducibile persino a un famoso linguista come il protagonista! Dalla situazione fortemente kafkiana, questo libro rimane una delle mie più felici scoperte. Un libro sul linguaggio e sulla incomunicabilità come questo è da non perdere. 

4) “Sette minuti dopo la mezzanotte” di Patrick Ness, 2011: sfiora la top 3 questo romanzo struggente - ideato da Conor O’Malley, morta di cancro prima di poterlo scrivere, e terminato da Ness – esso parla di un ragazzino che deve affrontare la fase finale della malattia della madre, malata di cancro. In più, ogni notte, poco dopo la mezzanotte, un mostro davvero particolare va a fare visita al ragazzo, per raccontargli delle particolari fiabe … per chi ha passato situazioni simili, questo libro potrebbe essere una vera rivelazione – e così per me è stato. Mi ha commosso come non mai; spacciato come libro per ragazzi, esso in realtà descrive benissimo la malattia e, quindi, risulta a momenti davvero difficile da leggere. È un libro per tutti, anche e soprattutto per i più grandi. Vi lascio qui sotto il favoloso incipit, brevissimo, uno dei più emblematici di sempre, secondo me, che non potrà lasciarvi indifferenti, dove già si viene a creare un mondo a parte: 

“Il mostro si presentò poco dopo la mezzanotte. È così che fanno.” 

3) “Crash” di James Graham Ballard, 1973: la top 3, invece, si apre con un romanzo scritto divinamente da Ballard, autore di fantascienza, che descrive un mondo (quasi distopico) nel quale tecnologia ed erotismo convivono alla perfezione; raramente ho letto una storia così originale e, allo stesso tempo, altamente poetica, nonostante i complessi temi trattati. 

2) “Trilogia della città di K” di Agota Kristof, 1986: composto da tre storie strettamente e inevitabilmente collegate tra di loro, il libro della Kristof è un inno contro le dittature e la guerra in generale, dove la psicologia risulta fondamentale per comprendere questa meravigliosa, ma contorta, terribile e crudissima storia. Le novelle, scritte con uno stile veloce, ma davvero crudissimo, sono difficili da leggere in diversi punti, per le descrizioni terribili di un paese devastato dalla guerra. Il libro è un vero e proprio capolavoro. Non per tutti, magari, ma questo è davvero un’opera che meritava riconoscimenti assoluti per la scrittrice ungherese. 

1) “La metamorfosi” di Franz Kafka, 1915: alla prima posizione ho piazzato questo capolavoro intramontabile dello scrittore ceco, che ha ispirato praticamente … tutto! Un racconto così in bilico tra il grottesco, l’horror, il fantastico, pieno di black humor e di tratti psicologici, non si trova molto facilmente. Questo racconto mi ha rapito ed è una delle cose più incredibili che io abbia mai letto. 

Eccoci arrivati alla fine della classifica; spero che la descrizione di questi libri possa almeno incuriosirvi un po’. Non è stato facile parlarvene senza svelare molto sulle relative trame e catturare, con pochi elementi la vostra attenzione. Spero di esserci riuscito. In ogni caso, è stato un anno di letture memorabili, che spero possa ripetersi l’anno a venire. Il prossimo post, di conseguenza, sarà sui film migliori del 2019 e vi assicuro che parlerò di pellicole davvero imperdibili. Quindi, per saperne di più, restate collegati su “Adieu au cinéma”!  

giovedì 24 ottobre 2019

5 FILM HORROR RECENTI (+1) PER LA NOTTE DI HALLOWEEN


Sei insieme a qualcuno, è la notte di Halloween, ma siete bloccati a casa perché fuori piove, fa freddo e il forte vento si insinua addirittura attraverso gli infissi delle finestre e, quindi, vuoi sorprendere questa persona con un buon film dell’orrore, mettendo da parte per una volta le scadenti opzioni di dubbio gusto offerte  dalle piattaforme Netflix & Co. e godere di un film che vi faccia spaventare o inquietare; ma, purtroppo, questa persona non è esperta di cinema e considera anche i film degli anni ’80 come “datati” e sei costretto a scegliere un horror recente che possa colpire l’esigente persona in questione; ebbene, sei capitato nel posto giusto, perché mi accingo ora a consigliare cinque film usciti nell’ultimo millennio, più un film bonus, da vedere assolutamente (in qualsiasi periodo dell’anno, sia chiaro, non solo il 31 di ottobre).

1)   THE LOVE WITCH: film sconosciuto qui in Italia, uscito nel 2016, e diretto da Anna Biller, una giovane regista americana con origini asiatiche, che prende moltissimo dal cinema horror degli anni ’60 e ’70, riportandolo in vita in modo originale; la pellicola, seppur senza grandi colpi di scena, riesce a tenerti incollato allo schermo grazie a scenografie meravigliose e, soprattutto, ad una attrice protagonista ipnotizzante, tale Samantha Robinson, che ha da poco fatto una piccola parte nell’ultimo film di Tarantino, e che grazie a una bellezza fuori dal comune … riesce a stregare nel vero senso della parola lo spettatore!

2)   THE VVITCH: restando in tema “streghe” e stregoneria, da recuperare assolutamente è questo gioiello del 2015, diretto da Robert Eggers, che è in grado di raccontare una storia semplicissima, ma che spaventa davvero come pochi film horror degli anni 2000, grazie a interpretazioni degne di nota e alle tantissime scene girate nei boschi inglesi; la pellicola, infatti, intende rifarsi al folklore inglese, alle tradizioni e alle vecchie leggende. Alla fine della visione, probabilmente, crederai davvero che le streghe esistano.

3)   HEREDITARY – LE RADICI DEL MALE: recentissimo film di Ari Aster che, alla sua prima pellicola, ispirandosi al “Rosemary’s baby” di Polanski, ci regala un horror che rasenta la perfezione, ve lo posso assicurare … qui assistiamo alla decadenza di una famiglia: se amate gli horror dove le famiglie sono il nucleo principale del film, dove i conflitti interni, i segreti e le debolezze sono messe in primo piano, questo è il capolavoro che fa per voi. Recentissimo, invece, precisamente di questa estate, è il suo ultimo film “Midsommar”, un horror, questo, ambientato completamente in piena luce del giorno, in Norvegia, tra folklore invadente e droghe potentissime; criticatissimo, l’ultimo lavoro del regista, per me è, al contrario, il degno successore di “Hereditary”. In questo caso, permettetemi, ho preso due piccioni con una fava.

4)   THE NEON DEMON: horror ambientato nel mondo della moda, con una meravigliosa Elle Fanning, è quasi un capolavoro e, in particolar modo, un omaggio non dichiarato del “Suspiria” di Dario Argento. Uscito nelle sale nel 2016 e girato dall’ormai espertissimo Refn, questo film dell’orrore è più di una pellicola sulle streghe o di una spietata scalata al successo, è una soddisfacente riflessione su cosa sia veramente la bellezza. Livelli altissimi, il film migliore di queste proposte.

5)   GHOST STORIES: girato a quattro mani da Dyson & Nyman, che fanno un lavoro superbo, questo film a episodi colpisce per la sua fluida narrazione, a tratti davvero inquietante; le singole storie, alla fine, si riuniranno in un modo sorprendente per regalare allo spettatore un finale a sorpresa davvero sconvolgente.

BONUS DELLA LISTA:

AUDITION: grandissimo film del regista giapponese Takashi Miike, che non rientra nella precedente lista dei cinque film soltanto perché è uscito nel 1999 e, quindi, non appartenente al nostro millennio. Ma vi assicuro che è soltanto la data, una semplice coincidenza, ad escluderlo; tuttavia, per me era impossibile non suggerirlo: è un horror psicologico davvero notevole, uno dei migliori del celebre cineasta asiatico. Film davvero spietato e … doloroso.

Ed eccoci qui, giunti al termine di questa lista, di questi sei piccoli – ma preziosissimi – consigli per passare l’ultima serata di ottobre, o un’altra qualsiasi serata di qualunque giorno dell’anno, da soli o in buona compagnia con l’obiettivo di spaventarsi un po’ … per far sì che la fatidica gocciolina di sudore, come piace chiamarla a me, percorri liberamente e completamente la vostra schiena. Per far sì di essere intrattenuti da film intelligenti ma, al medesimo tempo, davvero inquietanti e ben realizzati. 

mercoledì 25 settembre 2019

IL NONO FILM DI TARANTINO E' UN CAPOLAVORO?


Ieri sera, finalmente, ho visto “C’era una volta a Hollywood”, il nono film di Quentin Tarantino, regista che mi ha fatto appassionare ad un certo tipo di cinema – facendo egli cinema d’autore e riuscendo clamorosamente, allo stesso tempo, a coinvolgere le masse. Una delle cose che ho apprezzato di più, è stato vedere la sala, che contava circa duecento posti, quasi piena; questo mi ha dato un po’ di speranza, magari il cinema che conta non è davvero morto. È un film, questo, che deve essere gustato al cinema, su grande schermo, per sentire nota per nota la meravigliosa colonna sonora, ma soprattutto per cogliere tutti i particolari e per godere della grandiosità della regia del buon Quentin – che tocca vette altissime, con ottime inquadrature e riprese dall’alto come poche volte aveva fatto.

“Once upon a time in Hollywood” è una grande dichiarazione d’amore per il cinema tutto; soltanto leggendo il titolo si coglie l’omaggio a Sergio Leone e al suo “Once upon a time in America” e, inoltre, pensiamo subito ad una favola. È un titolo perfetto per questo film, calza a pennello. Poi, nel corso della pellicola, non mancano gli omaggi al cinema italiano – che Tarantino ama alla follia – e alla Hollywood di fine anni ’60, così ricca di contraddizioni.

Tarantino, inoltre, ama citarsi più e più volte; è autoironico, gioca sui suoi stereotipi, come potrete notare, e ci fa divertire per tutto il corso della pellicola grazie a queste chicche.

La trama del film ruota intorno a tre personaggi: Rick Dalton, celebre attore di spaghetti western e film d’azione, interpretato da Leonardo DiCaprio, che sembra migliorare di film in film con le sue incredibili performance; il secondo protagonista è Cliff Booth, lo stuntman di Rick e suo migliore amico; infine, c’è Sharon Tate, la prima moglie di Roman Polanski, interpretata da Margot Robbie. I primi due personaggi sono attori ormai stanchi, sull’orlo della depressione: Tarantino sui due ha lavorato tantissimo, caratterizzandoli alla follia, arrivando a farceli amare nonostante tutti i loro difetti. Purtroppo, qui debbo fermarmi prima del previsto, perché questo film, molto lento nella prima parte, è costruito apposta per il finale che, vi assicuro, sarà esplosivo ed esilarante. Vi basti sapere che siamo a Los Angeles, tra il ’68 e il ’69 e Rick, con la sua bellissima villa, è il vicino della Tate e di Polanski.

Come ogni film di Tarantino, esso andrà visto svariate volte per essere compreso fino in fondo; però, secondo me, non ci troviamo davanti ad un’opera perfetta: esso è davvero leggero e spensierato, con solo un filo di tensione, in secondo piano, che cresce nella seconda parte della storia; molte sono le scene in macchina, probabilmente superflue, quasi riempitive; inoltre, troppa è l’attenzione sui due attori protagonisti, che si mangiano la scena, così che la Robbie arriva ad essere usata maggiormente per la sua straripante bellezza piuttosto che per le sue straordinarie doti recitative, come abbiamo potuto assistere nel bellissimo “Tonya” (insomma, non le è permesso di recitare al meglio delle sue capacità, in poche parole). Infine, la piccola attrice che lavora in uno dei Western di Rick Dalton è straordinaria e dimostra grande affinità con DiCaprio, ma purtroppo, il duo dura ben poco e anche questo aspetto è stato, a mio modesto parere, poco sfruttato.

Bene, siamo arrivati ai titoli di coda: “C’era una volta a Hollywood” è il nono film di Tarantino ed egli, come molti di voi sapranno, ha detto più volte di volersi fermare a quota dieci. Quindi, questa dovrebbe essere la sua penultima perla. Un film che impareremo ad amare come tutti gli altri. Eppure, secondo me, Tarantino è attualmente fondamentale per la situazione che sta vivendo il cinema d’autore (come ho detto, è un regista che porta milioni di persone al cinema, anche molti giovani!, come ho visto ieri, una cosa rara, oggi come oggi …), perciò il suo potenziale addio equivarrebbe a una tragedia; è per questo motivo che dovremmo pregare, ogni sera, affinché il regista nato a Knoxwille ci ripensi e continui a sfornare un capolavoro dopo l’altro, come ha certamente fatto con “C’era una volta a Hollywood”.

giovedì 7 febbraio 2019

IL PRIMO RE: RINASCITA DEL FILM DI GENERE ITALIANO


Con "Il primo Re" del giovane regista Matteo Rovere, è rinato probabilmente il cinema di genere italiano. Dopo il capolavoro di Caligari, "Non essere cattivo", passando per il fantasy di Garrone, "Il racconto dei racconti", fino ad arrivare al recente horror "The end?L'inferno fuori" del promettente Daniele Misischia, nei cinema italiani è arrivato, il 31 gennaio, il film epico che tenta di ricostruire il mito di Romolo e Remo. Il progetto è ambizioso e coraggioso e ciò si nota fin dalla prima scena che vede il Tevere straripare. L'opera cinematografica, perciò, si prende i suoi rischi: il sangue, vi assicuro, scorre come poche volte di recente nei cinema nostrani, il film è brutale, crudo; tantissime le scene di combattimento. La fotografia a luce naturale del grandissimo Daniele Ciprì (leggenda della commedia nera e della satira italiana insieme al collega e amico Franco Maresco) è favolosa e regala tagli di luce memorabili. Ci sono momenti, dove si tende quasi all'horror o al mistico, grazie a una straordinaria Tania Garribba nella parte della sacerdotessa - vedere per credere. Alessandro Borghi (magnifico in film come il già citato "Non essere cattivo" e "Sulla mia pelle", dove interpretava Stefano Borghi) firma l'interpretazione della vita (almeno per il momento: film dopo film riesce a migliorare e a superarsi), confermandosi come migliore attore italiano della sua generazione, insieme al collega Luca Marinelli. Gli attori, inoltre, recitano per tutta la durata della pellicola in proto - latino e ciò rende il tutto ancora più realistico e magico, riuscendo a trasportare lo spettatore indietro nel tempo (ma nessun problema, per questo ci sono i sottotitoli). Si trattano anche temi importanti e attuali come la religione, la fede, cosa significa essere legati a una persona e a cosa porta la sete di potere. Il film non è perfetto, s'ispira anche a diverse pellicole, tra le quali "Revenant" con Leonardo DiCaprio e "Valhalla rising", ma l'esperimento è andato a buon fine. Ma non voglio dire di più, vi basti sapere che il cinema italiano ha bisogno anche del vostro aiuto per ritornare ai fasti del passato! Questo progetto è da sostenere, il cinema di genere in Italia può rinascere completamente; per una sera si può abbandonare tranquillamente Netflix e correre al cinema, perché in questo caso il film vale davvero il prezzo del biglietto.

lunedì 7 gennaio 2019

GOLDEN GLOBE: UN ANTIPASTO IN ATTESA DEGLI OSCAR


PREMESSA: è stata un'edizione piena di sorprese quella dei settantaseiesimi Golden Globe, un premio che non reputo assolutamente importante, inneggiato a gran voce dai mass media, un premio realizzato in pieno stile americano. Nonostante ciò, questo riconoscimento ci offre la possibilità di capire quali potrebbero essere i film più quotati per trionfare nella notte degli Oscar, anch'esso un premio osannato e amato dallo spettatore medio. Sia chiaro: ogni festival e ogni premio cinematografico, compresa la più giusta, interessante e imparziale Palma d'Oro di Cannes, presenta votazioni soggettive, non oggettive. Bando alle ciance, adesso elencherò i vincitori e le vincitrici dei Golden Globe 2019, a un anno di distanza dal movimento "Me too", nato dopo gli ingiuriosi fatti di Hollywood denunciati soltanto lo scorso anno. Aggiungo, anche, che non mi soffermerò a elencare i premi televisivi, in altre parole quelli riguardanti le serie tv, poiché non comprendono il mio campo di competenza e d'interesse.
C'è stata tanta musica in questa edizione del globo d'oro, anche per la presenza di Lady Gaga, candidata in diverse categorie. La cantante, infatti, si è portata a casa il premio per la migliore canzone "Shallow" dell'acclamato film "A star is born", dove ha recitato e cantato la cantante stessa. La migliore colonna sonora è andata a Justin Hurtwitz per la pellicola su Neil Armstrong, "First man". Come ho detto, c'è tanta musica nell'aria e "Bohemian Rhapsody" ha clamorosamente conquistato il premio per il miglior film drammatico (candidatura assurda in questa categoria perché si tratta principalmente di un film musicale), battendo pellicole molto più quotate come "A star is born" (stesso discorso del film sui Queen …) e il capolavoro di Spike Lee "BlacKkKsman", sorprendendo un po’ tutti, anche gli stessi membri dei Queen presenti alla serata. E' dunque la serata dei Queen, ma anche di Rami Malek che si è accaparrato meritatamente il premio per il miglior attore in un film drammatico (ho già scritto della sua incredibile performance qui sul blog), superando l'illustre concorrenza di Willem Dafoe, già premiato a Venezia con la Coppa Volpi, per aver interpretato perfettamente Vincent Van Gogh. Il premio per il miglior film commedia o musicale va a "Green Book", una pellicola tra le meno quotate che, al contrario, ha fatto incetta di premi, poiché è protagonista anche per quanto riguarda la miglior sceneggiatura e il premio per il miglior attore non protagonista, andato a Mahershala Ali. Una vera rivelazione! Per agganciarci, passiamo alla miglior attrice non protagonista, ovvero Regina King per la sua parte in "Se la strada potesse parlare", tra poco nelle nostre sale, che ha surclassato quattro attrici del calibro di Amy Adams, Claire Foy, Emma Stone e Rachel Weisz (le ultime due attrici protagoniste dello stesso film, "La favorita", pellicola in costume, anch'essa a breve nelle nostre sale); e proprio la favorita Olivia Colman ha vinto il premio per la migliore attrice in un film commedia o musicale, "La favorita" (favorita, appunto, non solo per la sua fantastica perfomance, già premiata al Festival di Venezia con la Coppa Volpi). Al contrario, il premio per il miglior attore in un film commedia o musicale l'ha vinto il trasformista Christian Bale per "Vice - l'uomo nell'ombra", in questi giorni proiettato in Italia. La migliore attrice in un film drammatico è stata la grande Glenn Close per "The Wife", che ha superato la concorrenza di Lady Gaga, per tutti la favorita incontrastata per il premio, che adesso rischia non poco di rimanere senza l'ambita statuetta agli Oscar. Per concludere, il miglior film d'animazione è stato vinto da "Spider-man - Un nuovo universo", che ha battuto lo straordinario film di Wes Anderson realizzato in stop motion, "L'isola dei cani"; Alfonso Cuarón, dopo aver letteralmente trionfato a Venezia, si accaparra anche in America due premi prestigiosi, cioè quello del miglior regista e del miglior film straniero, (battendo nella seconda categoria "Un affare di famiglia" del regista giapponese Kore'eda, trionfante a Cannes), per il suo bellissimo "Roma", film fortemente autobiografico, disponibile su Netflix. 
E, adesso, una lista dei momenti più emozionanti e divertenti della serata:

- IL DISCORSO DEL REGISTA Alfonso Cuarón: notevole discorso del cineasta messicano che ci ricorda che <<realizzare un film ci fa costruire ponti e abbattere muri>>, un chiaro riferimento alle recenti folli dichiarazioni del Presidente Trump.
- CHRISTIAN BALE SUL PALCO: al ritiro della statuetta appena conquistata, ci ha deliziato con il suo discorso, dichiarando che la fonte d'ispirazione per interpretare il suo personaggio è stata la figura di Satana.
- LA STANDING OVATION PER DICK VAN DYKE: lo spazzacamini del primo "Mary Poppins", salito sul palco per presentare il seguito del noto musical, "Il ritorno di Mary Poppins", ha ricevuto una notevole acclamazione da parte di tutto il pubblico, davvero un bellissimo momento per lui e per noi spettatori cresciuti con quella pellicola.
- IL PREMIO ONORARIO A JEFF BRIDGES: … nulla da dire … momento semplicemente emozionante per questa leggenda del cinema che ha detto di essere onorato di associato per tutto il resto della vita al drugo dei fratelli Coen.
- LA DEDICA DI RAMI MALEK A FREDDIE MERCURY: dopo aver fatto il suo discorso, l'attore non ha potuto che dedicare il premio al leggendario leader della band inglese, dicendo <<Questo premio è per te, ti amo fantastico uomo>>.


I MIEI ABITI PREFERITI DELLA SERATA:

BILLY POTER

SAOIRSE RONAN

DANAI GURIRA

.. E QUELLI CHE PROPRIO ... NO!

ELSIE FISHER
MARIM HINKLE


UNA BATTAGLIA DOPO L'ALTRA - PICCOLA ANALISI DI UN GRANDE CAPOLAVORO

0.1 Il film parte subito in quarta, spiazza lo spettatore, mostrando da una parte le azioni del gruppo rivoluzionario “French 75” di chiara ...