È arrivato recentemente, tramite il Sacro Programma per cinefili di Enrico Ghezzi (“Fuori Orario”), un film francese del 2014, “P’tit Quinquin” (“Piccolo Quinquin”), per la regia di Bruno Dumont. Proiettato per la prima volta al Festival di Cannes del 2014, il film è stato rilasciato qualche mese più tardi sotto forma di miniserie televisiva per la tv francese. Dunque, è questo un prodotto che può essere considerato sia come un lungometraggio dalla durata di quasi tre ore e mezza, sia come una miniserie televisiva composta da quattro episodi; … anche da noi esso è arrivato sotto forma di miniserie tv.
Ambientata in una piccolissima cittadina del nord della
Francia che dà sul mare, tanto che sarebbe possibile, secondo uno dei
protagonisti del film, <<osservare le coste della Gran Bretagna>>,
questo film/miniserie può essere considerato come la risposta francese ai
“Segreti di Twin Peaks” di David Lynch; infatti, il clima che si respira è altamente
grottesco, pieno di humor nero e fuori dagli schemi: è una miniserie unica,
insomma! I tempi sono dilatati, la regia compie tantissimi piani sequenza e
anch’essa si prende i suoi tempi, con movimenti di macchina molto lenti, la
fotografia è molto luminosa (ma incredibilmente questo aspetto non
infastidisce), ma a colpire sono soprattutto i personaggi, completamente fuori
di testa.
Questo film può rientrare nel genere giallo/poliziesco e
ruota attorno a una serie di omicidi in questo piccolo microcosmo creato dal
regista, tanto che si arriverà a parlare di entità maligne che dominano il luogo
… il primo omicidio, per esempio, vede protagonista una donna fatta a pezzi e
inserita all’interno di una … mucca! Eppure, le storie vanno oltre i semplici
omicidi, anche se ci sono sì molte indagini, ma le cose davvero importanti sono
le relazioni tra i personaggi e il concatenarsi degli eventi. Il protagonista
principale è il nostro piccolo Quinquin, che ha un difetto al naso e porta
anche un apparecchio acustico, un ragazzino che ama l’avventura e spostarsi con
la sua bici in compagnia della sua fidanzatina Eve, sua vicina di casa.
Inoltre, importantissimi sono i due poliziotti, il capitano Van Der Weyden e il
tenente Carpentier, due veri outsider nonostante l’importante carica; vi basti
sapere, per esempio, che il capitano è pieno zeppo di tip al volto e agli
occhi!
Infatti, una delle cose più rilevanti di questa opera è che
nessuno degli attori è un vero professionista (sono tutti reali abitanti della
regione di Pas-Des-Calais) e molti di loro hanno seri handicap fisici come il
capitano, appunto, Quinquin o lo zio del ragazzo, un giovane che ha problemi
nel camminare; proprio per questi motivi l’opera è stata criticata e il regista
Dumont quasi messo alla gogna. Quest’ultimo si è difeso dalle accuse dicendo di
voler dare al tutto un tocco più autentico e realistico. Inoltre, ha risposto
anche all’accusa che vede protagonista l’attore dello zio di Quinquin, che in
varie gag ruota su sé stesso prima di cadere a terra per colpa della sua
disabilità – ebbene, quella mossa è stata scelta proprio dall’attore perché è
un gesto che ama fare!
Personalmente ho apprezzato molto il casting, un gruppo di
freaks che danno al tutto un tocco ancor più grottesco. Poi, a differenza dei
film con grande budget che vedono sempre come protagonisti attori bellissimi e
famosi, in questo caso sono tutte persone normali, lontane dai nostri canoni di
bellezza, e questa è una cosa che ho adorato.
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